LA PAROLA AL PARROCO, 19 Gennaio 2025

AMERICA FIRST E… ALTRE FOLLIE 

E’ il motto della filosofia “trampista”, oggi vincente, negli Stati Uniti: “America first”, ovvero “L’America al pri-mo posto”.

A qualcuno sembrerà un progetto politico rassicurante e, magari, da imitare; una visione affidabile della società in tempi di incertezze globali… A me, che non so nulla di “strategie geopolitiche” ma provo a leggere la storia dal punto di vista della fede, sembra la negazione del Vangelo. Secondo il quale “i primi saranno gli ultimi, e gli ultimi i primi”.

Non ne faccio una questione di schieramento o di partito, ma di cultura e di sensibilità morale. E anche spirituale: sono un cristiano e ho affidato la mia speranza al Signore Gesù. Ovvero alla logica dell’amore crocifisso: che genera e moltiplica la vita scegliendo di morire. Il Dio nel quale credo occupa sempre l’ultimo posto: per essere vicino agli “ultimi”. Come nella mangiatoia, a Natale. Come sul Calvario, a Pasqua. L’ultimo è il posto di Dio. Lì, ne sono certo, posso incrociare il volto di Cristo.

Se fossi un discepolo che lo ama e lo segue davvero… andrei a cercarlo dove nessuno desidera stare: nelle posizioni periferiche, riservate agli emarginati, consentite agli invisibili. In effetti, chi sogna i primi posti, anche a fin di bene e per cause sacrosante, trasforma il Cristianesimo in un’ideologia, e rischia di smarrire Gesù. Perfino Giuda amava il Regno di Dio e la causa del Cristo: che ha scaricato, tuttavia, appena si è accorto di avere a che fare con un Messia paradossale, senza ambizioni, senza potere, senza mezzi e del tutto “inevidente”.

“America first”, purtroppo, si è insinuato nella coscienza collettiva statunitense come un “mantra” velenoso, compromettendo non solo il fragile equilibrio tra i “bravi” cittadini arroccati nella difesa dei loro privilegi e la “miserabile zavorra umana” che rallenta la corsa della nazione, ma anche l’amicizia sociale tra i popoli che abitano un villaggio globale sempre più angusto per chi vanta il diritto “planetario” di allargare spazi vitali ed aree di influenza.

Non so quale augurio papa Francesco invierà al neo-Presidente in occasione del giuramento e dell’insediamento, il 20 gennaio, a Washington; ma ricordo perfettamente che, all’inizio del primo mandato di Trump, nel 2017, il Pontefice sentì il bisogno di scrivergli in termini fin troppo espliciti: «Possa la grandezza dell’America continuare ad essere misurata anzitutto dalla sua preoccupazione per i poveri, gli esclusi, e i bisognosi che, come Lazzaro, stanno davanti alla nostra porta». “America first”, in effetti, è l’abolizione dell’umanesimo cristiano, anzi… una “bomba ad orologeria”. E non solo in senso simbolico.

Non è chi non veda, d’altra parte, che se all’America tocca il primo posto… tutti gli altri aggregati umani diventeranno, automaticamente, intralci e ostacoli: da superare ad ogni costo. Concorrenti o avversari: da fermare o ricattare con dazi e minacce militari. Oppure ipotesi terribile solo a pensarsi, da annettere o conquistare. Imperialisticamente. Secondo lo stile coloniale che, negli ultimi anni, abbiamo imparato, per disgrazia, a definire “putiniano”. Del resto lo ha dichiarato il neo-Eletto inquilino della Casa Bianca, senza alcun pudore, con il suo arrogante ed eccentrico “piglio napoleonico” (che la psicologia infantile giustifica solo nei bambini problematici e viziati), durante la conferenza stampa nella sua dimora di Mar-a-lago lo scorso 7 gennaio, sciorinando un elenco demenziale di “pretese” su Groenlandia, Canada e Panama.

Al programma dissennato di Trump presumo si riferisse il nostro Presidente della Repubblica, incontrando, il 13 gennaio al Quirinale, i giovani Segretari di Legazione della Farnesina, allertati circa gli attuali «ritorni ottocenteschi a politiche di potenza» ispirati dalla «volontà di imporre agli altri Stati la propria volontà con la forza». L’unico merito che ascrivo a Trump è la sua dichiarata posizione anti-abortista (in realtà piuttosto sfumata e sottintesa nell’ultima campagna elettorale): peccato che una scelta tanto coraggiosa debba convivere con molte accuse per violenza contro le donne, con la xenofobìa e il razzismo; cui si sono aggiunti, nel precedente mandato, l’incremento e la diffusione delle armi per la difesa personale, il ritiro degli USA dagli accordi intercontinentali sul clima, l’impunità per gli abusi della polizia… e, soprattutto, il triste primato delle esecuzioni capitali.

Ma tant’è! La vita umana è sacra e inviolabile… Ma non sempre, né per tutti.

A me, che non capisco nulla delle strategie geopolitiche, sembra che, dal 20 gennaio 2025 ovvero al sorgere di quella che Trump definisce “l’alba dell’età dell’oro dell’America”, incombano sull’intero pianeta minacciose e terribili ombre.

Di certo la “geopolitica della misericordia” (tutela dei diritti umani, cura della casa comune, contrasto alla cultura dello scarto, solidarietà verso profughi e migranti, equa distribuzione dei beni della terra…) è un’altra cosa. 

Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio 2025