LA PAROLA AL PARROCCO – 17 NOVEMBRE 2024

IL TESTAMENTO DI SANT’OMOBONO DI CREMONA

A scanso di equivoci: non esiste alcun testamento di sant’Omobono Tucenghi (+ 1197), patrono della città e della Diocesi di Cremona, laico, sposo, padre, mercante, amico dei poveri e operatore di pace, di cui abbiamo celebrato solennemente la memoria lo scorso 13 novembre, data del suo transito da questa terra d’esilio alla Terra Promessa. La sua fama di uomo caritevole e giusto fu così universalmente condivisa tra i Cremonesi suoi contemporanei che, a poco più di un anno dalla morte, su richiesata della cittadinanza e di Sicardo vescovo di Cremona, il papa Innocenzo III, conclusa una severa e minuziosa indagine canonica, ne riconobbe e ufficializzò la santità con una bolla pontificia il 12 gennaio 1199. In nessun archivio – insisto e ribadisco – è custodito il testamento di Omobono: me lo invento… fedele a quanto le cronache antiche e più attendibili ci dicono di lui. E’ il nostro padre nella fede e noi siamo i suoi eredi, destinatari del suo prezioso patrimonio spirituale.

«Sia gloria a Dio, Amore infinito e misericordioso. Ne celebro, commosso, l’immensa bontà, che ho provato ad imitare: alla nascita i miei genitori hanno voluto chiamarmi “Omobono”, che significa ”uomo buono”, tuttavia ho deciso di esserlo davvero, cioè concretamente e nei fatti, in età ormai adulta. Ho capito, insomma, che dovevo essere “uomo buono” non solo di nome ma anche di fatto! Sono grato al Signore per la sua compagnìa paziente, discreta e costante, nel lungo periodo in cui ho vissuto una religiosità appena sufficiente, abitudinaria e senza slancio; lo ringrazio soprattutto per la sua presenza travolgente, vigorosa ed energizzante dopo la mia conversione. Rimpiango di avere perso molti anni ignorando la “perla preziosa” che avevo a portata di mano: proprio io, mercante scaltro e avveduto, non ho intuito, da subito, l’affare più eccitante della mia vita. Ai miei amici, perciò, lascio in eredità, anzitutto, la fede, la grande fortuna che mi è stata regalata nel Battesimo: un talento che, ahimè, ho cominciato a “trafficare” troppo tardi! Non c’è, infatti, investimento più redditizio per chi vuole arricchire davanti a Dio; non c’è ingrediente migliore per dare “sapore evangelico” alle situazioni con le quali deve quotidianamente fare i conti un laico: la famiglia, il lavoro, l’impegno politico, la stagione della malattia e il tempo della vecchiaia. Alla scuola della Parola ho imparato ad ascoltare la voce di Dio, a distinguerla tra ispirazioni e suggestioni di ogni genere; alla mensa dell’Eucarestia ho gustato l’intimità con Gesù e la comunione con tutti: ho scoperto che cosa, realmente, riesce a saziare l’anima. Lo Spirito, nonostante la mia resistenza, ha riempito le mie giornate di effetti speciali: amore, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza. Vorrei che a questo straordinario “capitale” attingessero quante più persone possibile: soprattutto coloro che non hanno mai provato ad amare e ad essere amati, a gioire e a perdonare, a contraddire la tentazione di una resa supina alle proprie voglie. A chi, giustamente, non si fida dei suoi occasionali slanci interiori, affido il segreto della mia perseveranza nel bene: la direzione spirituale. Mi riferisco all’accompagnamento che un prete può offrire per discernere la volontà di Dio nella complessità dei desideri e degli stati d’animo, sostenendo nelle cadute e orientando nei momenti di oscurità. Lascio ai più coraggiosi dei miei concittadini l’abito scuro e penitenziale che indossavo per portare sempre e dappertutto, nel corpo e nell’anima, la morte di Cristo: la via della “ascesi” è una garanzia nella sequela del Signore e uno strumento molto utile per esorcizzare il démone della tiepidezza. Il Crocifisso, davanti al quale, in ginocchio, ho versato le prime lacrime della mia conversione, sia assegnato a coloro che non riescono ancora a piangere per i propri peccati. La mia “borsa”, diventata proverbiale per le monete che vi si moltiplicavano in soccorso dei poveri, sia consegnata a chi non si scandalizza della miseria materiale, morale e intellettuale di tanti fratelli e sorelle: così da prolungare, nello spazio e nel tempo, il miracolo di una carità senza pregiudizi e senza frontiere. Dio vi benedica tutti. Custoditevi l’un l’altro nella pace, vostro Omobono».

Ultimo aggiornamento: 17 Novembre 2024