LA PAROLA AL PARROCO, 23 Febbraio 2025

EUTANASIA: PER ESSERE “LIBERI FINO ALLA FINE”?

E’ stata resa pubblica, poco meno di un anno fa, una “dichiarazione” del Dicastero per la Dottrina della fede dal titolo “Dignitas infinita”, il cui proposito è di riaffermare, per i cristiani e per tutti gli uomini e le donne di buona volontà, che «una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi»; e che tale «principio, pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione, si pone a fondamento del primato della persona umana e della tutela dei suoi diritti».

Il documento, dal linguaggio piano e scorrevole, insiste, per esplicita richiesta di papa Francesco, “sulle gravi violazioni della dignità umana nel nostro tempo”; recita il testo:

«Si dovrà riconoscere che si oppone alla dignità umana tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario. Attenta altresì alla nostra dignità tutto ciò che vìola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche. Ed infine tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro… Bisognerà pure qui menzionare il tema della pena di morte: anche quest’ultima, infatti, vìola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza…».

Un inventario sconcertante, ma onesto. Di più: coraggioso. Esente da qualsiasi deferenza alla logica del pensiero “politicamente corretto”. Da accogliere con gratitudine, quindi. Nel momento in cui urgono, come non mai, conferme sul “vangelo della vita”, dopo che la Francia, lo scorso anno, ha introdotto il “diritto all’aborto” perfino nella propria Costituzione, e il Parlamento Europeo, imitando i Gallicani,
ha votato a larga maggioranza l’impegno ad inserire la soppressione volontaria dei nascituri nell’elenco dei valori e dei diritti fondamentali dell’Unione.

Sul rispetto della dignità umana è intervenuto recentemente papa Francesco con una
Lettera ai Vescovi degli Stati Uniti, nella quale deplora la politica trumpiana di “deportazione” delle «persone che, in molti casi, hanno lasciato la propria terra per motivi di estrema povertà, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o grave deterioramento dell’ambiente…

La coscienza – scrive il pontefice – non può non esprimere un giudizio critico e il proprio disaccordo
contro qualsiasi misura che identifichi la condizione illegale di alcuni migranti con la criminalità». Non meno gravi, contemporaneamente, sono state la promulgazione e l’entrata in vigore della legge regionale che, in Toscana, regolamenta l’accesso al suicidio assistito: anzi, “medicalmente” assisitito, cioè a “cura” del Servizio Sanitario Nazionale (il termine “cura” è drammaticamente ironico!).

Un “salto di civiltà”: così i promotori hanno definito la legittimazione della “morte a richiesta”. “Per essere liberi fino alla fine”: recita il “motto” coniato dall’associzione radicale “Luca Coscioni” che, nel 2021, ha promosso un referendum per la legalizzazione dell’eutanasìa, chiedendo di depenalizzare “l’omicidio del
consenziente” punito dall’art. 579 del Codice penale italiano; una richiesta che la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile perchè «non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili» (sent. 50/2022).

“Eutanasìa legale: per essere liberi fino alla fine!”. Un’affermazione tanto categorica può essere, in realtà, formulata anche in forma interrogativa: “Eutanasìa legale: per essere liberi fino alla fine?”. E’ vero che certe esperienze di estrema sofferenza, di grave malattia, di inabilità permanente sembrano oscurare il senso della vita, tanto da renderne irriconoscibile la qualità: ma l’esistenza umana è un mistero grande, e non solo “un magro patrimonio di cellule evolute… con un triviale destino biologico”.

E se, da una parte, va escluso il cosiddetto “accanimento terapeutico”, dall’altra non è intellettualmente onesto rivendicare il “diritto a morire con dignità” quando la “fine”, procurata a se stessi o agli altri, denuncia, in verità, il bisogno di non essere abbandonati nel momento della disperazione.

Trovo estremamente incoraggiante la testimonianza di un medico, Marcello Ricciuti, che dirige da molti anni l’U.O.C. Hospice e Cure Palliative dell’Azienda Ospedaliera di Potenza:

«È interessante, a mio avviso, far notare che nella nostra esperienza di migliaia di pazienti seguiti – naturalmente mi assumo la responsabilità di quel che dico – non abbiamo mai raccolto richieste vere e proprie di eutanasia o di suicidio assistito. Tranne in due casi: uno molto recente di una persona già pronta ad andare in Svizzera. In entrambi i casi un percorso accettato, non senza travaglio, di cure palliative e – nel caso della Svizzera – anche di ricovero in hospice, hanno fatto cambiare traiettoria
alla scelta, da una morte anticipata a una morte accompagnata. “Da quando sono qua mi sento serena, sia mentalmente che fisicamente. Il tumore è stato mio compagno di viaggio, vi sembrerà strano ma mi ha fatto compagnia» ci ha scritto G., la protagonista del mancato viaggio oltrefrontiera. Ora se n’è andata, come voleva, ma il tempo vissuto in più è stato un tempo guadagnato, per tutti, per lei, per i suoi cari, per noi curanti. Cicely Saunders, la dottoressa che ha fondato il primo hospice – il St. Cristopher a Londra – e ha dato il via al movimento delle cure palliative, diceva a ognuno dei suoi pazienti: «Tu sei importante perché sei tu, e sei importante fino alla fine della tua vita».

Parole che suonano meravigliosamente alternative allo slogan radicale: “Eutanasìa legale: per essere liberi fino alla fine”.

Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio 2025