LA PAROLA AL PARROCO, 9 Febbraio 2025

IL GRANDE SILENZIO: DALLA CERTOSA DI FARNETA ALL’ARGENTINA

“Il grande silenzio” è un film del regista tedesco Philip Gröning girato, dal principio alla fine, nella Comunità monastica della “Grande Chartreuse” vicino a Grenoble, sul versante francese delle Alpi: è una pellicola strana, fuori dagli schemi, senza attori e senza copione, senza musica e senza parole. Eppure non è un film muto: anzi! Anche se il vero protagonista è il silenzio. Che si propone – osservato e custodito con scrupolo “certosino” – in un lungometraggio di due ore e quaranta minuti.

Ma non si tratta di un semplice documentario. E’, piuttosto, una testimonianza – piena di stupore e forse anche di invidia – sull’originale Bellezza di cui vivono i monaci Certosini. Nonostante l’apparente immobilità della loro esistenza. Scandita da ritmi quotidiani inalterabili e puntuali. In un isolamento volontario e senza deroghe.

La pellicola è quasi una sfida. Perchè la gente fa fatica a capire: da sempre. Anche i cristiani praticanti.

A che cosa servono, infatti, i monasteri di clausura? Perché “seppellirsi” tra quattro mura quando c’è tanto bene da fare nel mondo?
A chi giovano la reclusione perpetua, il silenzio assoluto e la solitudine inviolabile di un Certosino?
Forse che Cristo ha vissuto da eremita, ritirandosi nel deserto?

A queste, e alle molte altre obiezioni ispirate dal moderno pregiudizio “attivista”, rispondono le parole di S. Bruno di Colonia (+ 1101), fondatore della “Grande Certosa” di Grenoble:

«Chi è buono quanto Dio? Anzi, che dico: esiste un altro bene all’infuori di Dio? Perciò l’anima umana, che percepisce l’incomparabile fascino, lo splendore e la bellezza di questo bene, infiammata da fuoco d’amore, dice: La mia anima ha sete di Dio, del Dio vivente; quando verrò e vedrò il volto di Dio?».

S. Bruno, Lettera all’amico Rodolfo

E’, dunque, una questione di attrazione, di fascino, anzi… di innamoramento: non di efficienza. Nè apostolica né pastorale. La ragion d’essere del monaco, in effetti, è un’insaziabile sete d’Amore. Nessuna occupazione gli appare più urgente di questa: accogliere l’Amore, lasciandosi “immobilizzare per ore, giorni, anni, per una vita intera, nell’adorazione del Padre che, ad ogni istante, si rivela nel Figlio, attraverso lo Spirito… nella fede nuda e purificante”. Notte e giorno, pertanto, i monaci solitari “montano la guardia”, vegliando con cuore vergine e con le lucerne accese, nel nome della Chiesa-sposa, nell’attesa della venuta invisibile e incessante dello Sposo divino.

La “cella” del Certosino è una vera e propria stanza nuziale:

“dove l’anima si unisce al Verbo di Dio, la sposa si congiunge con lo Sposo…”.

Statuti dell’Ordine Certosino

Anzi, è tutto il suo “cielo”:

«Come cielo e cella sembrano avere fra loro una qualche parentela nel nome, così anche nella pietà. E’ da “celare”, infatti, che sembrano prendere nome sia il cielo che la cella. E ciò che si cela nei cieli, si cela anche nella cella; ciò che si fa in cielo lo si fa anche nelle celle. E cos’è mai questo? Dedicarsi a Dio, godere di Dio».

Guglielmo di St. Thierry, Lettera d’oro

Il Certosino si incarcera volontariamente per consentire solo a Dio di “entrare da tutte le porte e da tutte le parti”; indissolubilmente agganciato, tuttavia, al resto dell’umanità, dalla quale si vuole separato, ma non estraneo. Dentro una comunione stretta e profonda. Spirituale. Anzi: mistica. Di più: trinitaria. Perciò fecondissima. Libera dai condizionamenti del mondo, ma non surreale.

Dunque… se a una così “grande Bellezza” si ispirano i figli di S. Bruno, è stata davvero una grazia immensa, per tutti – per le sue parrocchie di origine e di ministero, per la Chiesa diocesana e universale – la scelta con la quale don Paolo Barnabò, sacerdote pumenenghese, è entrato nella Comunità Certosina di Farneta (LU): per nascondersi in Dio, scegliendo l’unico Bene necessario… in una “via” strettissima ed estrema di sequela del Signore. Radicale ma seducente… per chi accetta di offrirsi a Cristo per amore e per amare. Per adorare, cioè, nella solitudine di un silenzio senza distrazioni, il Verbo fatto carne, che la Sacra Scrittura canta come “il più bello tra i figli dell’uomo” (Ps. 44) e la cui bellezza si manifesta in modo impressionante, scandaloso e paradossale sulla croce.

Sono ormai trascorsi ventitre anni dal giorno in cui don Paolo ha varcato la soglia della Certosa. Dal 9 febbraio 2025 l’obbedienza chiama il nostro conterraneo a servire l’Ordine in Argentina: ai “confini del mondo” (per usare l’espressione con la quale papa Francesco si è presentato immediatamente dopo la sua elezione a pontefice) dove, tra i numerosi e giovani aspiranti monaci della “Certosa di San Josè” a Cordoba, incarnerà lo spirito e la lettera della regola di S. Bruno. Lo accompagniamo volentieri nella preghiera: siamo grati a Dio per la specialissima vocazione di questo nostro fratello.

Grazie don Paolo, che onori Pumenengo e l’intera nostra Comunità Pastorale con la luminosa testimonianza della tua fedeltà! Prega per noi.

Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio 2025