LA PAROLA AL PARROCO – 10 NOVEMBRE 2024

QUALE VITTORIA… PER L’UOMO DELLA PIETRA E DELLA FIONDA ?

Con due distinte cerimonie, prima a Pumenengo e poi a Calcio, è stata commemorata, nei giorni scorsi, la fine della “grande guerra”: “grande” per il numero di popoli coinvolti, per le sofferenze immani e l’enorme spargimento di sangue che ha provocato, per la devastazione sociale, economica e morale che ne è derivata.

Una “grandezza” paradossale, dunque, e malata. Della quale, tuttavia, è doveroso fare memoria, soprattutto in tempi di grave “smemoratezza” come i nostri attuali. Senza nulla concedere, ovviamente, alla retorica dell’eroismo bellico e del trionfalismo militare, che sono altro dall’autentico patriottismo, e celebrando con pudore la “vittoria” con la quale furono “redente” le terre di Trento e Trieste e completata, finalmente, l’unificazione dell’Italia. “Un’inutile strage”: così il papa “disfattista” Benedetto XV, il 1° agosto 1917, a tre anni dall’inizio del conflitto mondiale, nella sua “Lettera ai capi dei popoli belligeranti”, definiva la “tremenda lotta” in corso, a causa della quale l’Europa, “quasi travolta da una follìa universale”, stava correndo “incontro ad un vero e proprio suicidio”. Ennesimo accorato appello, rimasto inascoltato proprio da coloro dalle cui «risoluzioni – scriveva il Pontefice – dipendono la quiete e la gioia di innumerevoli famiglie, la vita di migliaia di giovani, la felicità stessa dei popoli che voi avete l’assoluto dovere di procurare».

Quasi un secolo dopo, il 13 settembre 2014, papa Francesco, in visita a Redipuglia (GO), prestando la sua voce agli oltre 100.000 soldati italiani vittime della “grande guerra” e ora sepolti nell’immenso Sacrario, ha nuovamente e convintamente gridato: “La guerra è una follìa!”. E, con la sua proverbiale franchezza, ha proseguito: «Anche oggi le vittime della guerra sono tante… Come è possibile? E’ possibile perchè dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi… E questi pianificatori del terrore, organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: A me che importa?». Le parole del Santo Padre fanno eco ai versi sconfortati del poeta Salvatore Quasimodo: «Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, t’ho visto dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri…».

Don Primo Mazzolari, già convinto interventista e cappellano militare al fronte durante il primo conflitto mondiale, nel suo libro “Tu non uccidere”, pubblicato nel 1955, dichiara esplicitamente la scelta, maturata proprio sul campo di battaglia, di fare “guerra alla guerra”, e scrive: «Dare la pace ai morti è impegno di Dio: fare la pace con i vivi è impegno nostro… Quando l’ostacolo è un uomo, non lo posso abbattere come si abbatte un muro, una pianta, un passero… Si uccide e si comanda di uccidere per un pezzo di terra, per una miniera, per un pozzo di petrolio. La nostra è una terra che gronda sangue… “Io non assalgo – si dice – mi difendo: non porto via niente a nessuno, impedisco solo che altri mi porti via ciò che è mio”.
Pare di aver detto tutto e di poter accantonare ogni scrupolo. Poi ci si accorge che “il mio” è almeno sospetto e lo si sostituisce con un nome di gran marca: il bene… Tutti difendono gli stessi beni, che non sembrano veramente tali se non grondano di sangue. Gli uni e gli altri vantano mille ragioni, le quali non sono che una maschera, dietro cui si nascondono ipocrisie, interessi e cupidigie di dominio e di ferocia. La pace è vita. E’ un bene universale, indivisibile.

Essa è il primo frutto di quel comandamento sempre nuovo che la germina e la costruisce: Amatevi l’un l’altro». E’ triste constatarlo: le innumerevoli “inutili stragi” che, nel corso della storia, hanno dilaniato e profanato il nostro pianeta, non sembrano argomenti abbastanza convincenti a favore della pace neppure per l’uomo d’oggi, che è “ancora quello della pietra e della fionda… con la sua scienza esatta persuasa allo sterminio” (Salvatore Quasimodo, Uomo del mio tempo, 1946). Onoriamo, giustamente, i Caduti del passato e del presente, prime vittime dell’odio fratricida e del “sonno della ragione”.

Ultimo aggiornamento: 17 Novembre 2024