L’ARCIPRETE… ARCI-IMBRANATO

Dante Alighieri, nella sua Divina Commedia, immagina ed “organizza” l’Inferno infliggendo ai dannati i diversi tormenti in base alla cosiddetta “legge del contrappasso”: in forza della quale i “maledetti” scontano in eterno una pena che “controbilanci” (in senso esattamente opposto) le azioni compiute in vita, come punizione per i loro comportamenti peccaminosi. Ma senza scomodare il sommo Poeta e, men che meno, i gironi infernali della sua “città dolente”, è fin troppo chiaro che qualcosa del genere deve essere accaduto recentemente anche in questo “angolo di Paradiso” che è l’Unità Pastorale intitolata a “Nostra Signora della Rotonda”: dove un arciprete iper-tecnologico come don Fabio, espertissimo ed attrezzatissmo sul versante degli strumenti informatici e delle loro innumerevoli e funzionalissime applicazioni, è stato rimpiazzato da un arciprete informaticamente “arci-imbranato”, cioè molto impacciato, quindi per niente disinvolto, se non addirittura un po’ “tonto”.

Il riferimento è al sottoscritto, ovviamente. Di cui esibisco, senza vergogna, una fotografia per nulla rassicurante ma realistica. In effetti non possiedo uno “smartphone” e non saprei da che parte cominciare per avvalermi delle sue funzioni più elementari: figuriamoci per l’esecuzione delle operazioni “in rete” più articolate e complesse! Non ho un profilo facebook. Non sono inserito in nessun gruppo whatsapp. Non “posto” su instagram. Non sono equipaggiato di tablet. Non so usare le “carte di credito” per i pagamenti o i prelievi bancari.

Nei giorni scorsi Luca ha dovuto assistermi pazientemente per “impormi”, come esige la mia responsabilità nelle scuole parrocchiali di Calcio e di Pumenengo, la dotazione della firma digitale, ormai indispensabile nelle relazioni istituzionali e fiscali a qualsiasi livello: non azzardo indagare i suoi pensieri davanti alle mie espressioni stranite allo sportello dell’ufficio postale! Se mi chiedete di memorizzare un numero telefonico sul mio cellulare “antediluviano” vi risponderò che non ne sono capace: ed è effettivamente così.

Ecco: questa mi sembra – a vostro discapito, purtroppo – una vera e propria “pena del contrappasso”. Di cui sono lo strumento. Ma senza pentimento. Nonostante abbia la chiara percezione dei molti limiti che la mia ignoranza e incompetenza in merito comportano.

Mi conforta, tuttavia, una certa, per quanto vaga, sintonìa con un sacerdote d’altri tempi ma ancora modernissimo, don Lorenzo Milani, che ammiro, e sulla tomba del quale, nel piccolo cimitero di Barbiana, ho sostato molti anni fa, in un uggioso pomeriggio autunnale mentre, in compagnìa di don Massimo Morselli, rientravo in diocesi da un convegno vocazionale a Roma. Nel suo libro “Esperienze pastorali”, pubblicato nel 1958, contestando la tendenza, talvolta esasperata, a moltiplicare le attività parrocchiali potenziandole con i ritrovati più moderni, don Milani, in modo fin troppo ruvido e severo, osserva:

«E’ passato di qui un frate da cerca con un furgoncino a motore. Finora andava in bicicletta. “Niente meraviglia – sentenzia il dinamico fraticello – anche san Francesco, se vivesse oggi, viaggerebbe così”. Non è vero.
San Francesco, vivendo in un altro secolo, avrebbe fatto quel che fece nel suo secolo, cioè avrebbe determinato il livello di “confort francescano” studiando quali siano le massime possibilità di rinuncia dell’uomo di un determinato secolo…
Si risponde che un motore permette di arrivare prima e in più posti: quindi… con un motore si fa più bene.

Questa è un’eresia. Nessuno può dare più di quello che ha.
Se è un imbecille il motore farà arrivare prima e in più posti un imbecille; e se ha poca grazia, il motore moltiplicherà un prete con poca grazia. Se invece è un santo prete non avrà la superbia di credere che la propria moltiplicazione possa giovare al regno di Dio.
E se, oltre che un santo prete, è anche un prete proteso verso i più lontani, cioè verso i poveri e specialmente verso quei poveri che alzano i pugni contro di lui e contro i potenti in un unico
gesto d’odio, allora il motore gli brucerà sotto il sedere. Vorrà non averne bisogno!».

Beh, è chiaro: le motivazioni che mantengono ostinatamente arci-imbranato il nuovo arciprete non sono così nobili come auspicherebbe il priore di Barbiana… ma gli danno l’illusione di essere, se non giustificato, almeno giustificabile.

Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre 2024